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Tutti i giorni noi sfruttiamo la corrente elettrica prelevandola dalla presa 220 volt per accendere le lampadine di casa, per far funzionare il frigorifero, la televisione o il computer, oppure la preleviamo dalle pile per ascoltare la musica dai nostri dispositivi portatili o per parlare al telefono cellulare o smartphone.
Poiché la corrente elettrica si ottiene solo se si riescono a mettere in movimento gli elettroni, per spiegarla dobbiamo necessariamente parlare dell’atomo.
La corrente elettrica è costituita da uno spostamento di elettroni liberi in un corpo che ha la caratteristica di essere conduttore. Gli elettroni sono delle cari­che elettriche negative che possono spostarsi nella materia.
Una buona analogia per comprendere i fenomeni elettrici è data dell’idrauli­ca: la portata di un fiume, ad esempio, è definita come la quantità d’acqua che fluisce nell’unità di tempo, mentre l’intensità della corrente elettrica è il rapporto­ fra la quantità di elettricità che fluisce attraverso la sezione di un condut­tore e l’unità di tempo.

  [*]La quantità di elettroni viene misurata in coulomb (C):

\( 1 coulomb = 6,25\bullet10^{18} \)

Quando nella sezione di un conduttore passa un numero pari a  6,25 . 10 18 elettroni per secondo (un coulomb per secondo), l’intensità della corrente elet­trica è di un ampere.

Possiamo condensare tali affermazioni nella relazione

                                                          

\( Q = I\bullet t \)

 

ciò significa che la quantità di elettricità Q è il risultato del prodotto della corrente per il tempo in cui essa fluisce.

NB. Nel 1785 Coulomb determinò la legge che esprime la forza elettrica tra due cariche in funzione della distanza e della grandezza delle cariche.

L’intensità della corrente si definisce come la quantità d’elettricità che passa ogni secondo in un circuito elettrico chiuso.

Per chi ancora non lo sapesse l’atomo è costituito da un nucleo di protoni, con carica positiva, e neutroni, con carica neutra, attorno al quale ruotano alla velocità della luce, cioè a 300.000 Km al
secondo, degli elettroni, con carica negativa (vedi fig.1).

Fig.1 L’atomo è costituito da un nucleo centrale con carica Positiva e da elettroni con carica Negativa che gli orbitano intorno.

L’atomo si potrebbe paragonare ad un sistema planetario miniaturizzato con al centro il sole (nucleo di protoni) e tanti pianeti (elettroni) che gli orbitano intorno.

Fig.2 Gli elettroni sono tenuti in orbita dal nucleo. Gli elettroni più esterni si possono facilmente sottrarre dal loro Nucleo.

Ciascun atomo, a seconda dell’elemento a cui appartiene, possiede un numero ben definito di protoni e di elettroni.
Ad esempio l’atomo dell’idrogeno possiede un solo protone ed un solo elettrone (vedi fig.3), l’atomo del borio possiede 5 protoni e 5 elettroni (vedi fig.4), l’atomo del rame possiede 29 protoni e
29 elettroni, mentre l’atomo dell’argento possiede 47 protoni e 47 elettroni.

Fig.3 L’atomo dell’idrogeno ha 1 Protone ed 1 Elettrone.

Fig. 4 L’atomo del Borio ha 5 Protoni e 5 Elettroni.                Fig. 5  L’atomo del Sodio ha 11 Protoni e 11 Elettroni.

 

Maggiore è il numero degli elettroni presenti in un atomo, maggiore è il numero delle orbite che ruotano attorno al suo nucleo.

  • Gli elettroni che ruotano molto vicini al nucleo sono chiamati elettroni legati perché non si possono facilmente prelevare dalla loro orbita.
  • Gli elettroni che ruotano nelle orbite più lontane sono chiamati elettroni liberi perché si riescono a sottrarre senza difficoltà dalle loro orbite per inserirli in un altro atomo.

Questo spostamento di elettroni da un atomo ad un altro si può ottenere con un movimento meccanico (dinamo – alternatore) oppure con una reazione chimica (pile – accumulatori).
Se ad un atomo si tolgono degli elettroni assume una polarità positiva, perché il numero dei protoni è maggiore rispetto al numero degli elettroni (vedi fig.7).

Fig.6 Neutra.                                              Fig.7 Positiva.                                                          Fig.8 Negativa                                                 

Quando il numero degli Elettroni è equivalente al numero dei Protoni la carica è Neutra (vedi fig.6); se in un atomo si tolgono degli Elettroni questo assume una carica elettrica Positiva (vedi fig.7); se si inseriscono degli elettroni liberi in un atomo questo assume una polarità negativa, perché il numero degli elettroni è maggiore rispetto al numero dei protoni (vedi fig.8).
Da qualsiasi pila fuoriescono sempre due terminali, uno contrassegnato dal segno positivo (eccesso di protoni) ed uno contrassegnato dal segno negativo (eccesso di elettroni).
Molti ritengono che il flusso della corrente elettrica vada dal positivo verso il negativo.
Al contrario, il flusso della corrente elettrica va sempre dal negativo verso il positivo, perché sono i protoni che attirano gli elettroni per equilibrare il loro atomo.
Per capire il movimento di questo flusso di elettroni possiamo servirci di due elementi molto conosciuti: l’acqua e l’aria.
Gli elettroni negativi possiamo associarli all’acqua ed i protoni positivi all’aria.

Fig. 9 Pieni di aria                                                          Fig. 10 Pieni di acqua  

Se prendiamo due recipienti pieni di aria (carica positiva) e li colleghiamo tra loro con un tubo, non ci sarà nessun flusso perché in entrambi i recipienti manca l’elemento opposto, cioè l’acqua; anche se colleghiamo tra loro due recipienti pieni di acqua (carica negativa) nel tubo non ci sarà nessun flusso perché non esiste uno squilibrio acqua/ aria .

Fig. 11 Recipiente pieno verso quello vuoto                    Fig. 12 Recipiente allo stesso livello “equilibrio”          

Se invece colleghiamo un recipiente pieno di aria (polarità positiva) con uno pieno di acqua (polarità negativa) otterremo un flusso d’acqua dal recipiente pieno verso quello vuoto  che cesserà solo quando i due recipienti avranno raggiunto lo stesso livello, quando ogni atomo ha equilibrato i suoi protoni con gli elettroni mancanti non avremo più nessuna corrente elettrica.

Misura dell’intensità di corrente

L’intensità della corrente si misura con uno strumento detto amperometro. Per effettuare questa misura, occorre interrompere il circuito per inserire l’ampero­metro in modo che sia attraversato dalla corrente che si vuole misurare. Tale inserzione è detta in serie.

Fig. 13 Amperometro inserito in un circuito.

Nel linguaggio comune la parola intensità viene spesso omessa, cosicché quando si parla, ad esempio, di una corrente di quattro ampere si intende che questo valore si riferisce alla misura dell’intensità della corrente.

Tensione

Un corpo può accumulare su se stesso dell’elettricità, ma esiste un limite alla sua ricettività. Infatti, man mano che le cariche positive vengono accumulate ad un’estremità e quelle negative all’altra, aumenta in ognuna delle due estremità la forza di repulsione tra le cariche che, si ricorda, sono tutte dello stesso segno. Aumenta quindi il lavoro che occorre fare per continuare ad aggiungerne altre.
A questo lavoro fatto corrisponde altrettanta energia potenziale che potrebbe essere ottenuta nuovamente facendole ritornare al loro posto. La tendenza al movimento costituisce il potenziale elettrico.

Differenza di potenziale =  Tensione

 Fig. 14 – Circuito elettrico elementare (a) ed analogia con un circuito idraulico (b).

 

Come si vede il circuito elementari del tipo considerato si può analogamente rappresentare anche in caso di sistemi elettrici complessi attraverso opportune semplificazioni.
Il paragone idraulico permette di comprendere, per via intuitiva, i fenomeni che si verificano nel circuito elettrico elementare (fig. b).
La pompa, paragonabile al generatore elettrico; ha la funzione di trasformare l’e­nergia meccanica presente al suo albero rotante in energia idraulica; quest’ultima si manifesta con la presenza di una differenza di pressione tra entrata e uscita della pompa e con un flusso di acqua lungo le tubazioni (quest’ultimo paragonabile alla corrente elettrica che fluisce nei conduttori elettrici).
La turbina svolge una funzione analoga all’utilizzatore elettrico in quanto provve­de de a trasformare l’energia idraulica in energia meccanica disponibile all’albero in rotazione.
La valvola svolge le funzioni dell’interruttore con la sola differenza che essa deve essere aperta per consentire il flusso dell’acqua nei tubi, mentre l’interruttore deve essere chiuso per permettere il fluire della corrente elettrica nei conduttori.
Per comprendere ancora meglio il concetto di differenza di potenziale si può ricorrere ad un’analogia con la meccanica. Per comprimere una molla occorre spendere del lavoro la cui entità dipende dalle posizioni iniziale e finale della molla stessa. L’energia potenziale acquistata dalla molla coincide esattamente con il lavoro speso per comprimerla (ovviamente trascurando le perdite dovute agli attriti interni ed esterni).
Procedendo oltre nell’analogia con l’idraulica si possono prendere ad esem­pio le condutture di distribuzione dell’acqua in una casa. Quando i rubinetti sono chiusi, l’acqua non circola pur essendo presente nei tubi con una certa pressio­ne. In modo analogo la corrente elettrica non circola se l’interruttore, lungo il conduttore considerato, è aperto, nonostante si abbia una differenza di poten­ziale o tensione.
Per mettere in movimento gli elettroni in un circuito elettrico, occorre che esso sia chiuso e che una pressione sia esercitata sugli elettroni. Questa pressio­ne elettrica è chiamata tensione. Essa è caratterizzata da una differenza di poten­ziale, vale a dire da un eccesso di elettroni su di un polo del generatore ed una mancanza sull’altro. Generalmente la differenza di potenziale esistente ai capi di un generatore viene chiamata forza elettromotrice (f.e.m.), proprio per indica­re che è da essa che prende l’avvio il movimento degli elettroni.
Per misurare il lavoro necessario a spostare una quantità di cariche Q (misurata in coulomb) da un punto all’altro occorre conoscere non tanto il valore del potenziale nei due punti considerati, quanto la differenza di potenziale tra i due punti. Un concetto analogo si trova in meccanica: per sollevare un corpo ad una data altezza, il lavoro da compiere contro la forza gravitazionale dipende dalla differenza di livello tra le due posizioni finale ed iniziale.

La differenza di potenziale è uno stato elettrico che si manifesta ai morsetti del generatore ed è responsabile del movimento ordinato di cariche elettriche.

La differenza di potenziale (d.d.p.) o tensione è una grandezza elettrica il cui sim­bolo è U e la cui unità di misura è il volt (simbolo V).
Per il comportamento del circuito elettrico, è di fondamentale importanza il mo­do con il quale la differenza di potenziale varia nel tempo. Esistono generatori elet­trici ai cui morsetti la d.d.p. è costante (o praticamente constante) nel tempo ed altri in cui tale grandezza è invece variabile.
Nel primo gruppo dobbiamo annoverare i generatori di corrente continua tra i quali le pile, gli accumulatori, le dinamo; nel secondo gruppo fanno invece parte i generatori dì corrente alternata tra i quali gli alternatori che sono utilizzati nelle centrali elettriche.
L’andamento della tensione in funzione del tempo può essere espresso graficamente su un diagramma cartesiano portando in ordinata la tensione e in ascissa il tempo (fig. 1.7).
Se nel circuito idraulico si inserisce uno strumento capace di misurare l’intensità del flusso d’acqua, si può constatare che esso è lo stesso in ogni punto del circuito e quindi anche all’interno della pompa e della turbina. Analogamente si può dire che se si dispone di uno strumento in grado di misurare la corrente elettrica, si può rilevare che l’intensità della corrente elettrica è la stessa in ogni punto del circuito elettrico, anche all’interno del generatore e dell’utilizzatore. Tale fondamentale ca­ratteristica può essere espressa in modo conciso dicendo che la corrente elettrica è solenoidale.

Fig. 15 – Andamento della tensione in funzione del tempo. a) costante b) variabile.

 

Convenzioni per i segni delle tensioni e delle correnti

La corrente elettrica si considera convenzionalmente uscente dal morsetto po­sitivo del generatore ed entrante nel morsetto positivo dell’utilizzatore.
La differenza di potenziale si indica con una freccia che va dal morsetto nega­tivo al morsetto positivo sia per il generatore che per l’utilizzatore.
Facendo riferimento al circuito elementare della figura 16 si possono definire le convenzioni da assumere per i segni delle correnti e delle tensioni, in base alle se­guenti considerazioni:

  • per la corrente si assume il senso opposto a quello degli elettroni (sarebbe il senso di spostamento di eventuali ioni positivi);
  • per i morsetti del generatore devono essere scelte le polarità in modo che la cor­rente, definita secondo la convenzione precedente, esca dal morsetto positivo (con­trassegnato con il +);
  • per i morsetti dell’utilizzatore devono essere scelte le polarità in modo che la cor­rente entri dal morsetto positivo (contrassegnato con il +);
  • per la differenza di potenziale tra i morsetti del generatore e quelli dell’utilizzato­re deve essere scelto il senso che va dal morsetto negativo a quello positivo (rappre­sentabile, anche in questo caso, da una freccia).

Si tenga presente che se si considerano perfettamente conduttori i collegamenti tra generatore e utilizzatore, le due d.d.p. sopra considerate si identificano (ossia Ug = U,) anche se, come si vedrà in seguito, esse possono assumere significato diverso.

Fig. 16 – Rappresentazione grafica delle conven­zioni da assumere per i segni delle tensioni e delle correnti di un circuito.