Magnetotermico.

E’ di fatto un interruttore, la sua naturale collocazione è il quadro elettrico.

Agisce in tre modi:
1 – Manuale tramite la leva di comando
2 – Automaticamente grazie ad un fenomeno magnetico, praticamente un relè.
3 – Automaticamente grazie ad un fenomeno termico che sfrutta il diverso allungamento di due metalli.

Installati per uno scopo ben preciso, cioè quello di operare un’interruzione di corrente quando c’è un sovraccarico anomalo di corrente, quindi di Aampere in una  parte dell’impianto.
Sono dispositivi di manovra e protezione di comune impiego negli impianti civili e industriali, formati dall’unione di un interruttore e di uno o più sganciatoli di sovracorrente, cosicché, oltre alle manovre di apertura e chiusura manuali, possono interrompere automaticamente il circuito in caso di intervento dello sganciatone. In posizione di aperto la distanza di sezionamento tra i contatti è generalmente sufficiente ad assicurare loro anche la funzione di sezionatore. L’interruzione dell’arco elettrico avviene quasi sempre in aria, con l’impiego di celle di estinzione di tipo deion , un modello comunque già sostituito da diversi anni.
Gli sganciatoli più diffusi sono di tipo magnetotermico (interruttore automatico magnetotermico) oppure elettronici; a volte gli interruttori vengono corredati anche di sganciatoli di minima tensione, vedi anche quadri elettrici.

Come si sceglie.

La scelta è prevalentemente legata al valore degli Ampere a cui scatta la protezione. E’ ben scritto sull’interruttore stesso come si vede in fig.

Magnetotermico da 25 Ampere.

Schema del magnetotermico.

 

Per scegliere quindi il magnetotermico servirà sapere due cose:

  • Quanti Ampere assorbono le utenze;
  • Quante probabilità esistono che siano utilizzate contemporaneamente.

Quanti Ampere sto consumando.

Esempio: un ferro da stiro dichiara 2200 W praticamente 10 A, basta calcolare 2200W diviso 230V = 10A, è chiaro che il magnetotermico a protezione del circuito che alimenta sia il ferro da stiro che altre prese, dovrà essere superiore ai 10A, infatti, commercialmente troviamo 16A, più che sufficiente.

Costruttivamente gli interruttori automatici si possono dividere in tre tipi (a, b, c): aperti, scatolati, modulari.


  1. Gli interruttori aperti hanno le varie parti isolate in aria, presentano notevoli dimensioni e sono destinati soprattutto agli usi industriali, come interruttori di macchina a valle di trasformatori MT/BT e di generatori e per le partenze di linee con correnti nominali maggiori di 1000 -e- 2000 A. Hanno correnti nominali elevate (orientativamente fino a 8 kA) e poteri d’interruzione fino a 100 4-150 kA.
  2. Gli interruttori scatolati sono racchiusi in un involucro di plastica isolante, diviso in scomparti in modo da creare l’isolamento tra le fasi e verso massa. Hanno dimensioni più contenute di quelli aperti, ma prestazioni paragonabili, con correnti nominali fino a 4 kA e poteri d’interruzione fino a 200 kA. Vengono utilizzati prevalentemente in impianti industriali; in campo civile sono usati in impianti di una certa potenza (per esempio, grandi centri commerciali), quando occorrono interruttori di portata superiore a quella degli apparecchi modulari.
  3. Gli interruttori modulari, nati particolarmente per gli impianti civili e del terziario ma ormai assai diffusi anche nei quadri industriali, hanno il vantaggio di avere uno sviluppo in larghezza multiplo di un modulo normalizzato, dimensioni principali unificate e un dispositivo di fissaggio a scatto su guida DIN; questo rende l’installazione molto agevole e con¬sente di predisporre quadri elettrici di dimensioni contenute e unificate in base al numero di moduli occorrenti. Vengono costruiti, orientativa¬mente, con correnti nominali fino a 100 +160 A e poteri d’interruzione da 4,5 a 25 kA.

Le caratteristiche funzionali degli interruttori automatici per bassa tensione sono stabilite dalle rispettive norme di prodotto; in particolare si distinguono le due categorie seguenti: interruttori automatici soggetti alla norma CEI EN 60947-2 (CEI17-5), usati prevalentemente in ambito industriale o, comunque, per elevati I valori di corrente;

  • interruttori automatici per impianti domestici e similari, con correnti nominali fino a 125 A e rispondenti alla norma CEI EN 60898/1 (CEI 23-3/1).

Delle principali grandezze caratteristiche  in particolare occorre far riferimento alle seguenti:

  • tensione nominale, distinta in tensione nominale d’impiego Ue e d’isolamento Ui ;
  • corrente nominale In;
  • potere d’interruzione nominale su corto circuito Icn, riferito al valore efficace della componente simmetrica della corrente di corto circuito presunta; per gli interruttori a norma CEI 17-5 vengono specificati il potere d’interruzione nominale estremo Icu e quello di servizio Ics, a seconda delle condizioni di prova; i valori di Ics sono normalizzati in percentuale rispetto a quelli di Icu e valgono 25%, 50%, 75%, 100%;
  • potere di chiusura nominale Icm, riferito al valore di cresta della corrente di corto circuito presunta;
  • numero dipoli, distinguendo tra 1 (unipolare), 1+N (bipolare con neutro I non protetto), 2 (bipolare con neutro protetto), 3 (tripolare), 3+N (qua­dripolare con neutro non protetto), 4 (quadripolare con neutro protetto);
  • caratteristica d’intervento tempo-corrente che, per alcuni tipi d’interrut­tore, deve rispondere a valori normalizzati.

Caratteristica d’intervento

La normativa CEI non fissa tutta la forma della caratteristica tempo-corrente degli interruttori automatici di bassa tensione, ma indica dei valori! limite della stessa. Le caratteristiche fornite dai costruttori devono pertanto rispettare questi limiti.
Per gli interruttori per usi domestici e similari l’attuale norma CEI EN 60898/1 prevede tre tipi di caratteristica, indicandone le condizioni di prova e un certo numero di coppie di valori tempo-corrente che gli apparecchi devono soddisfare. In particolare, le correnti che determinano l’in­tervento istantaneo, senza ritardo intenzionale, devono essere comprese nei campi seguenti.

Caratteristica B: maggiore di 3 e fino a 5 volte la corrente nominale.

Caratteristica C: maggiore di 5 e fino a 10 volte la corrente nominale.

Caratteristica D: maggiore di 10 e fino a 20 volte la corrente nominale.

La curva di tipo C è la più utilizzata per circuiti ohmico induttivi con medie correnti di spunto, quella di tipo D  è adatta alla protezione di carichi fortemente induttivi, per evitare che elevate correnti di inserzione possano determinare un intervento indesiderato dello sganciatore magnetico, mentre quella di tipo B trova applicazione nella protezione di circuiti per i quali è richiesto che il magnetico intervenga per basse correnti.

Caratteristica d’intervento tipo B secondo la norma CEI EN 60898/1 (produzione Schneider Electric)


Caratteristica d’intervento tipo C secondo la norma CEI EN 60898/1 (produzione Schneider Electric)

Caratteristica d’intervento tipo D secondo la norma CEI EN 60898/1

(produzione Schneider Electric) l’intervento magnetico può arrivare fino a 20 In.

In commercio esistono anche interruttori magnetotermici con caratteri­stiche d’intervento diverse da quelle normalizzate in campo europeo. Nelle figure sono riportate le caratteristiche H, Z ed E selettiva, previste dalle norme DIN-VDE 0660; si può notare che la caratteristica K è simile alla D, mentre la Z, che presenta un intervento dello sganciatore magnetico da 2 a 3 volte la corrente nominale, ha una soglia d’inter­vento magnetica inferiore alla curva B ed è adatta per la protezione di alimentatori per circuiti elettronici, che ammettono sovracorrenti di limitato valore.

Quanti poli.

Considerato che in un impianto residenziale servono due fili per alimentare un utenza (fase + neutro) si può sganciare un circuito in tre modi:

  • Interruzione della sola fase mentre il neutro rimane operativo, in figura è rappresentato da 1P, i simboli che vedete “gobba” e “quadro” rappresentano le protezioni magnetica e termica.
  • Interruzione della fase con il circuito magnetico e termico, mentre il neutro è un semplice interruttore.
  • Interruzione della fase e del neutro ognuno con un circuito magneto-termico dedicato, in figura vedi 2P. Miglior collegamento possibile.

 

Sovraccarico.

Con il termine Sovraccarico si intende una corrente di intensità superiore fino a 10 volte quella considerata “normale”, i guasti che generano una corrente superiore sono considerati cortocircuiti, sono caratterizzate da alte temperature, fusione dei materiali conduttori ed in fine possono generare fiamme.
I cavi elettrici e le prese sopportano valori di corrente che non bisogna superare, pena un riscaldamento eccessivo con gli effetti sopra descritti, il Magnetotermico impedisce che questi valori siano superati evitando tutte le relative conseguenze intervenendo entro un tempo stabilito che varia in base al valore della corrente, spesso i Magnetotermici sono da 25 A su impianti che ne possono sopportare 15 A, in questo caso, i sovraccarichi non vengono neanche percepiti, solo un cortocircuito farà intervenire l’interruttore.

Tutte le cause di intervento del magnetotermico differenziale

Il magnetotermico differenziale, comunemente noto come interruttore differenziale o salvavita, è un dispositivo di protezione elettrica che interviene per interrompere il flusso di corrente in caso di guasti o situazioni pericolose nel circuito elettrico. Le cause di intervento di un magnetotermico differenziale possono essere diverse e dipendono dal tipo di guasto o anomalia che si verifica nel sistema elettrico.

Alcune delle principali cause di intervento:

  1. Differenza di corrente: Il magnetotermico differenziale è progettato per rilevare la differenza tra la corrente in ingresso e la corrente in uscita dal circuito. Se viene rilevata una differenza significativa, che potrebbe indicare una perdita di corrente verso terra o un guasto nel circuito, l’interruttore differenziale interverrà per interrompere l’alimentazione.
  2. Guasto di isolamento: Se si verifica un guasto nell’isolamento del circuito, ad esempio a causa di un cavo danneggiato o di un contatto diretto tra conduttori attivi e terra, ci sarà una perdita di corrente verso terra. Il magnetotermico differenziale interverrà per interrompere il circuito per evitare pericoli di scossa elettrica.
  3. Guasto a terra: Se un conduttore attivo entra in contatto diretto con un elemento conduttivo a terra, si verifica un guasto a terra. Questo può causare una corrente di dispersione verso terra che il magnetotermico differenziale rileverà come una differenza di corrente e interverrà per interrompere l’alimentazione.
  4. Sovraccarico: Se il circuito viene sovraccaricato con una corrente superiore alla sua capacità nominale, il magnetotermico differenziale interverrà per prevenire danni e pericolose surriscaldamenti nel circuito. Questo tipo di intervento è controllato dal dispositivo di protezione termico all’interno del magnetotermico differenziale.
  5. Guasti interni: I magnetotermici differenziali possono anche intervenire in caso di guasti interni al dispositivo stesso. Ad esempio, un malfunzionamento dei componenti interni potrebbe causare un intervento improprio o un’interruzione non necessaria dell’alimentazione.

È importante notare che l’intervento di un magnetotermico differenziale indica la presenza di un’anomalia o di una situazione pericolosa nel sistema elettrico e può indicare la necessità di eseguire una verifica e una riparazione del guasto prima di ripristinare l’alimentazione. In caso di dubbi o problemi elettrici, è sempre consigliabile consultare un elettricista qualificato per una valutazione professionale.