CLASSIFICAZIONE

Durante la misurazione di qualunque grandezza si verificano degli errori, spesso i discenti sottovalutano questo fenomeno poco attenzionato ma di utile apprendimento .

La classificazione si suddivide in tre grandi categorie:

1) errori grossolani.
2) errori sistematici.
3) errori casuali.

DEFINIZIONI:
1) Sono errori grossolani quelli che si commettono per distrazione nel leggere la misura oppure nel trascrivere nel quaderno delle misure.
2) Sono errori sistematici quelli che si commettono involontariamente ma sistematicamente ogni volta che si effettua la misura.
3) Sono errori casuali quelli che si commettono senza conoscerne il perché e il come, in modo assolutamente imprevedibile.

ESEMPI:
1) Supponiamo di misurare una lunghezza di 85 mm e di scrivere sul nostro quaderno delle misure 85 cm.
2) Supponiamo di misurare una pressione con un manometro il cui indice parte da 0,5 bar anziché da 0 bar: tutte le nostre misure contengono lo stesso errore.
3) Supponiamo di misurare una distanza all’aperto: un improvviso rumore può disturbarci mentre facciamo la lettura.

E’ BENE RICORDARE CHE GLI ERRORI GROSSOLANI E SISTEMATICI ESISTONO SOLO SE NOI LI VOGLIAMO; INFATTI ESSI POSSONO ESSERE ELIMINATI SEGUENDO DELLE REGOLE DI COMPORTAMENTO SEMPLICI MA EFFICACI.

GROSSOLANI

Sono errori grossolani quelli che si commettono per distrazione nel leggere la misura oppure nel trascrivere nel quaderno delle misure.
Commettere errori grossolani dovrebbe essere impossibile, ma tuttavia essi esistono.

Esempi:

1) errore nella semplice trascrizione sul libretto delle misure;
2) errore nella indicazione della unità di misura;
3) errore nell’impostazione della scala di misura (lo strumento tester usato in elettrotecnica ha molte scale di misura);
4) errore nella lettura del nonio;
5) errore nel segno (i mano-vacuometri hanno una scala per le pressioni positive e un’altra per quelle negative);
6) errore nell’individuazione della suddivisione della scala di misura (in alcuni strumenti la distanza fra le “tacche” della scala è variabile);
7) Come si vede le possibilità di errore esistono: ma è facile correggersi, basta ripetere le operazioni due volte. E’ assai improbabile commettere due volte di seguito lo stesso errore.

Gli operatori capaci ed esperti mai eseguono una singola misura.

SISTEMATICI

Sono errori sistematici quelli che si commettono involontariamente ma sistematicamente ogni volta che si effettua la misura.

Possono essere classificati in tre categorie:

A) DOVUTI ALL’OPERATORE;
B) DOVUTI ALLO STRUMENTO;
C) DOVUTI AL METODO DI MISURA.

Sono falsi errori, poiché è possibile conoscerli e quindi eliminarli.

A) DOVUTI ALL’OPERATORE.

L’operatore può essere ubriaco, oppure depresso, allegro, pessimista, raffreddato, con gli occhiali appannati, stanco, assonnato, con il torcicollo a destra, impaurito, in attesa di licenziamento; si può fare affidamento sulla professionalità dell’operatore, oppure per ovviare ai problemi elencati si assumono due operatori, che abbiano caratteristiche opposte .

B) DOVUTI ALLO STRUMENTO.

Lo strumento può essere rotto. Oppure starato, arrugginito, con una molla lasca, usurato, con incrostazioni, senza lubrificante.
Uno degli errori più comuni è quello detto di “parallasse” dovuto al fatto che l’indice si muove su un piano diverso da quello della scala per cui, guardando con la testa inclinata, si leggono due misure diverse a seconda che l’inclinazione sia a destra o a sinistra. Un modo per attenuare questo errore è quello di costruire gli indici a forma di lama, e quindi la lettura è corretta quando non si vede la loro faccia laterale. C’è però un modo più semplice: basta disegnare la scala su uno specchio e fare le letture sull’immagine dell’indice.
Un altro errore può derivare dal fatto che l’indice vibra per effetto del fenomeno che si sta misurando: per esempio il contagiri e il tachimetro dell’automobile su una strada sconnessa. Si può ovviare montando opportuni ammortizzatori delle oscillazioni, ma così diminuisce la sensibilità

C) DOVUTI AL METODO DI MISURA.

Questo è l’errore sistematico più difficile da individuare. Vediamo un esempio assurdo. Noi sappiamo che il calibro ci permette di misurare 15 cm con l’approssimazione di 5 centesimi di millimetro. Il doppio-metro del muratore con l’approssimazione di 2 millimetri. Decido allora di usare lo strumento “100 volte più preciso” per misurare la larghezza della mia stanza che è di circa 6 metri. Usando il doppio-metro del muratore devo ripetere la misura tre volte con un probabile errore di 3 x 2 = 6 mm. Usando il calibro devo ripetere la misura 40 volte con un probabile errore di 40 x 0,05 = 2,0 mm.

L’errore con il calibro appare 3 volte più piccolo e quindi vantaggioso il suo uso.

Ma:

a) abbiamo dovuto fare 39 segni a terra invece di 2;
b) abbiamo dovuto riprendere la misura 39 volte;
c) per 39 volte abbiamo dovuto far coincidere il segno fatto a terra con il bordo di un becco del calibro, commettendo in questa operazione probabilmente ogni volta un errore di almeno 0,1 mm.

In conclusione l’uso di uno strumento “più preciso” ci ha portato ad un errore di 40 x (0,05 + 0,10) = 6 mm, cioè molto più grande lavoro per ottenere un errore probabile della stessa grandezza!
Naturalmente questo esempio non è indicativo, perché nessun operatore adopererebbe il calibro in tale situazione.
Vediamo qualcosa di più concreto: i termometri a mercurio sfruttano la variazione di volume del metallo per dare la temperatura. Anche il vetro che contiene il mercurio però si dilata, per cui il livello del liquido nel capillare di misura è più basso del dovuto: se vogliamo essere “precisi” dovremo tener conto anche della dilatazione del vetro. Il menisco del mercurio è convesso e occupa una certa altezza dentro il tubicino. Non solo: il coefficiente di dilatazione sia del vetro che del mercurio sono variabili con la temperatura e quindi .

Attenzione! negli strumenti digitali la lettura della misura appare direttamente sullo schermo e quindi sembra che non ci possono essere errori sistematici. Ciò non è vero perché gli strumenti digitali devono essere tarati in modo spesso complicato e in altri casi per confronto con uno strumento analogico. Basta sbagliare, e ciò avviene sempre, nella taratura e lo strumento digitale vale come uno analogico.
In ogni caso l’elemento essenziale di questo tipo di errore è che esso è conoscibile e quindi è possibile porvi rimedio.

CASUALI

DEFINIZIONE: Sono errori casuali quelli che si commettono senza conoscerne il perché e il come, in modo assolutamente imprevedibile.
Gli errori casuali per definizione non possono essere né eliminati né ridotti a priori. Infatti:

1) non sappiamo se si verificano;
2) se si verificano, non sappiamo quanto valgono;
3) se si verificano e sappiamo quanto valgono, non sappiamo in quale verso (eccesso o difetto) agiscono. Insomma, l’unica cosa certa rispetto agli errori casuali è che essi ci sono(*).

Lo studio di questi errori si effettua ricorrendo alla  curva di Gauss  “Nella teoria degli errori, in topografia, la curva di Gauss rappresenta la legge di distribuzione degli errori accidentali di osservazione quando si effettuano ad esempio la misurazione delle distanze fra due o più punti. Questi, infatti, sono quelli che non hanno una causa determinante e si ripetono costantemente e casualmente in ogni rilevazione in maniera positiva o negativa.”.

Curva di Gauss: curva a campana nota anche come curva degli errori, il suo nome deriva dal matematico tedesco Carl Friederich Gauss.

In pratica essi si verificano certamente, ma in modo impercettibile a livello conscio, facendo variare le misure ottenute. Si corre però un rischio abbastanza grave: conoscendone l’esistenza si può essere portati a falsare le misure, in modo che tutte esse assomiglino, o addirittura coincidano, alla prima misura effettuata, che naturalmente appare quella più corretta. Chiameremo questo atteggiamento “effetto trascinamento delle misure”.
In verità c’è una situazione nella quale l’errore casuale sembra scomparire completamente: ciò avviene negli strumenti digitali, i quali ci forniscono direttamente il “numero” da leggere senza alcuna apparente incertezza.

La mancanza di incertezza dipende da due fattori:

A) LA SENSIBILITÀ DELLO STRUMENTO;

B) LA TARATURA.

a) la sensibilità: per definizione è la minima variazione del fenomeno da misurare che determina un cambiamento nell’indice di misura. Per chiarire: supponiamo di misurare la tensione di una linea elettrica con un voltmetro tarato in MV (mega volt): è molto improbabile che lo strumento si accorga di una variazione di 1 mV (milli volt); può darsi che si accorga, cioè che l’indice si muova, per una variazione di 0,1 V: diremo che la sensibilità di quel voltmetro è di 0,1 volt. Anche gli strumenti digitali hanno una sensibilità che è però preimpostata all’unità o al decimo o al millesimo dell’unità di misura adottata. A noi non appaiono le approssimazioni delle misure, perché esse sono effettuate direttamente dallo strumento! Ad esempio i termometri digitali montati su tanti edifici pubblici mostrano i decimi di grado Celsius, ma nulla ci dicono sui centesimi e noi siamo magari portati a credere che il valore mostrato sia “esatto”. In realtà non è così: infatti, basta che ci sia un poco di vento, per vedere cambiare continuamente i decimi di grado! Se il termometro fosse impostato al centesimo di grado Celsius, la situazione sarebbe peggiore, perché non ci sarebbe il tempo di fare nessuna lettura. La presenza o l’assenza di vento è per sua natura un evento casuale(**), per direzione, velocità, umidità, temperatura, ecc.

b) la taratura: gli strumenti digitali vengono tarati(***) per confronto con uno strumento analogico, e quindi tutti gli errori che si compiono con gli strumenti analogici vengono trasferiti su quelli digitali. Per esempio il calibro con lettura digitale deve indicare lo stesso diametro misurato con il calibro a lettura analogica, costruito nel modo tradizionale. E’ ovvio che le approssimazioni costruttive e funzionali per effetto del confronto, sono comuni ai due tipi di calibro, ma in quello analogico sembra che non ci siano errori
(*) Se non ci fossero, misurando una volta o cento volte si otterrebbe sempre lo stesso valore.
(**) Se non c’è vento c’è moto convettivo naturale verso l’alto o verso il basso, dovuto alla differenza di temperatura fra l’aria e la parete dell’edificio. In ogni caso, se, al variare della sensibilità dello strumento, la misura cambia anche di poco, significa che sempre manca qualcosina alla misura “giusta”.
(***) La taratura consiste nel far sì che il nuovo strumento, nelle stesse condizioni, dia lo stesso valore dello strumento campione rispetto al fenomeno che è in esame (una certa quantità di banane deve avere lo stesso “peso” usando una qualunque bilancia).
(****) L’errore più banale consiste nel serrare in modo variabile i becchi al momento della misura. Nei calibri di maggiore “precisione” il serraggio è assicurato da una molla. Basta però pensare che la molla ad ogni azione perde una parte della propria elasticità, per concludere che non ci sono vie di scampo dall’errore!

N.B.: quando si lavora con strumenti di precisione si è portati a trascurare gli errori perché essi sono piccoli e ciò è sbagliato.